Sri AnandaMayi Ma: La Madre Permeata di Gioia

Sri Anandamayi Ma, la Madre Permeata di Gioia,è stata una delle più grandi figure spirituali dell’India moderna. Quando Paramahansa Yogananda andò a trovarla a Calcutta e le chiese di dire qualcosa della sua vita,cosi’ rispose:”la mia coscienza non si è mai associata con questo corpo transitorio. Prima che io venissi su questa terra…io ero la stessa.Da bambina…io ero la stessa.Divenni donna,ma…io ero la stessa.Quando la famiglia decise di far sposare questo corpo,…io ero la stessa.E per sempre in futuro,malgrado la danza della creazione cambi intorno a me nello spazio della eternità,io sarò la stessa.”

 

Frammenti…….

Mataji: Non lo sapete? Se potete concentrarvi completa­mente in una determinata direzione così da non poter fare a meno d’agire lungo quella linea, l’azione sbagliata diventa impossibile. Di conseguenza l’azione perde la sua presa su di voi ed è destinata a finire. Quanti stati e stadi ci sono! Questo è uno; certo qui non si è ancora conseguita la conoscenza del Sé, ma non si può agire in maniera errata. Né c’è modo di considerare se si deve agire conformemente agli shastra o in contrasto con essi. Nondimeno, in questo stato di concentrazione su un unico punto non può prodursi un’azione errata che violi le leggi enunciate negli shastra. Il corpo umano – il veicolo attraverso cui si fa il lavoro – è entrato in una corrente di purezza, e di conseguenza si compie il satkarma, l’azione in armonia con la volontà divina.
Piacere e dolore esistono solo al livello dell’individuo. Nei momenti d’intenso dolore, quando si è nell’angoscia, nonostante l’attaccamento a moglie, marito, figlio o figlia, c’è spazio per il pensiero di questi cari? Non si soffre in un eccesso di autocommiserazione? In quei momenti l’illusione dei legami familiari perde ogni presa, mentre regna suprema l’illusione dell’identificazione con il corpo. C’è l’individuo e di conseguenza esiste ogni altra cosa; da qui, su questa base, sorge il presunto andare e venire dell’individuo, il suo ciclo di nascite e morti.

Dovete capire che chi ama Dio deve solo distruggere l’identificazione con il corpo. Una volta fatto questo si distrugge (nasa)* l’illusione, la schiavitù o, in altre parole, il desiderio (vasana)**, il ‘non-Sé’ (na Sva)*. La vostra attuale dimora (vasa) è dove il Sé si manifesta come ‘non-Sé’ (na Sva); una volta distrutto questo, è stata distrutta solo la distruzione. Ciò che è noto come desiderio mondano può anche definirsi l’attività che si manifesta in assenza dell’azione della rivelazione del Sé. Lui non c’è, questo è il punto della questione, non è così?
Questo corpo vi parla ancora di un altro aspetto – potete indovinare quale? Come l’Amato (Ishta) è il Sé (Svayam), così anche la distruzione è Lui, ed anche ciò che viene distrutto. È così laddove c’è il Sé e solo il Sé; quindi, con chi ci si può associare? Per questo si dice che Lui non ha un secondo, che esiste da solo. Quando si dice che Lui appare mascherato, che cos’è la maschera? Lui Stesso, naturalmente.

Parlate del mondo. Jagat (mondo) significa movimento, e ciò che è legato è il jiva (l’individuo). Come dice il detto: “Dove c’è un uomo c’è Shiva e dove c’è una donna c’è Gouri”.***
Si definisce Eterno ciò in cui non c’è questione di nascita e rinascita né di essere legati. Ora comprendetemi bene: come si può legare ciò che è movimento perpetuo? Può rimanere in un posto? Poiché non rimane confi­nato in alcun posto, non può essere legato quando la mente è dissolta; dunque, poiché non è mai legato in un posto particolare, non lo si potrebbe chiamare libero? Allora cosa va e cosa viene? Ecco, è un movimento simile a quello dell’ocea­no (samudra), è Lui che esprime Se Stesso (Sva mudra)****. Le onde sono solo l’alzarsi e il cadere, l’ondulazione dell’acqua; ed è l’acqua che si forma in onde (taranga), in parti del suo stesso corpo (tar anga)* – in essenza acqua.
Da un particolare piano di coscienza ci si chiede: “Cosa fa apparire la stessa sostanza in forme differenti: acqua, ghiaccio, onde?”. Riflettete, e vedete quanto riuscite a comprendere! Nessuna similitudine è mai perfetta; e tuttavia non vi ha aiutato a vedere il problema relativo al mondo? Che cosa avete realizzato di fatto? Scopritelo!

Molto bene; chiamate transitorio ciò che non rimane mai fermo in un luogo, non è così? Ma cosa non rimane? Chi non rimane? Chi viene? Chi va? Cambiamento, trasformazione – che cosa sono? Chi? Afferrate la radice di tutto questo. Ogni cosa passa; vale a dire, la morte passa – la morte muore. Chi va e dove? Chi viene e da dove? Che cos’è in essenza questo interminabile andare e venire? Chi? Di nuovo, non è questione d’azione né d’andare e venire; da dove viene la nascita, da dove la morte? Meditate su ciò!

Direte che l’universo non è altro che l’unico Sé. Così ogni forma è Lui nella Sua stessa forma (Sva akara); cioè, il Sé (Sva), l’Eterno, rivelato come forma (akara). Che cosa implica questo? La non-azione (akriya). In che senso non azione? “Solo l’azione dedicata a Dio è vera azione; tutto il resto è inutile e dunque non è azione”. Questa è la vostra idea dal punto di vista del mondo. Qui questo tipo d’azione non esiste. Allora che cosa esiste? L’Azione del Sé (Sva kriya) – Lui stesso come Azione; Lui stesso come Forma – per questo è chiamato Sakara (con forma); Lui stesso come Qualità – perciò è chiamato Saguna (con qualità). Laddove è manifesto il Signore (Ishvara) o qualcosa riguardante il Suo divino splendore, Lui stesso (Svayam) appare in azione, pur rimanendo sempre non-agente. Lui come tale è l’Essenza della verità assoluta. Non azione (akriya), eppure forma (akara)! Forma significa incarna­zione (murti) in cui non c’è azione né chi agisce. Di che cosa può essere l’agente, chi dev’essere l’agente e dove? Egli non è rivelato in ciò che definite la schiavitù dell’azione. Egli stesso è l’azione (kriya), Lui, l’Eterno, che non può essere mai distrutto. Distrutto (nasta)** significa ‘non-Amato’ (na-ista), e non Chi non può essere indesiderato (anista); poiché Lui è la sola ed unica cosa desiderata da tutta la crea-zione, l’Amato di tutti. Dovete comprendere che l’Uno ‘Senza Forma’ (Nirakara) e ‘Senza Qualità’ (Nirguna), è anche ‘Con Forma’ e ‘Con Qualità’. Qual è nell’essenza la differenza tra acqua e ghiaccio? Potete dirlo? Solo Lui È, nient’altro che Lui. L’Uno che è pura Coscienza e pura Intelligenza ha molte forme e apparenze, ma nello stesso tempo è senza forma. Per questo, che la chiamiate azione del mondo o azione del ricercatore, sono entrambe Quello. Ogni azione è libera; in altre parole, non si pone affatto la questione dell’azione. Sapete perché è così: c’è solo un’unica ed eterna Realtà (Nitya Vastu), ma poiché siete limitati dai vostri diversi modi di vedere, parlate del non-eterno e affermate che il risultato dell’azione non può durare, che il cambiamento è la sua stessa natura.

Dove conduce l’incessante cambiamento del mondo sempre mutevole? L’azione in cui non c’è possibilità di schiavitù è davvero ‘essere’. ‘Jagat’ (mondo) designa il movimento che è un continuo morire; in altre parole, il suo carattere innato è il cambiamento perpetuo. Sul piano dell’individuo, e quindi della schiavitù, ogni cambiamento appartiene esclusivamente a questo tipo di movimento. Rivolti a Quello (Tat mukhi), molti stanno lottan­do, ciascuno nel proprio modo particolare; uno sforzo del genere è certamente dovere di tutti. Per orientare il corso della propria vita in questa direzione, la persona comune deve impegnarsi in azioni che hanno per fine Quello (Tat karma).

Ora però, riflettete attentamente e realizzate che siete eterna­mente liberi, perché l’azione è sempre libera, non può rimanere legata. Non sapete che la corda con cui legate tutto in questo mondo dovrà rompersi o rovinarsi? Malgrado usiate catene di ferro, o anche d’oro, tutto ciò che lega un giorno si romperà o sarà distrutto. Esistono catene nel mondo che non possono rompersi né essere distrutte? L’unico responsabile della schiavitù della mente è il lamento per i legami temporanei, perché la mente non può essere confinata in alcun luogo. Come un bimbo irrequieto, indifferente al bene o al male, essa cerca la beatitudine suprema, non è mai soddisfatta della felicità temporanea e dunque è sempre errabonda. Come può essere a riposo finché non trova la via alla Realtà suprema, finché non viene assorbita completamente nella sua sorgente, riposando nel suo stesso Sé? Nella profondità del vostro cuore sapete di essere liberi; ecco perché è nella vostra natura desiderare la libertà. Nello stesso modo, se per qualche buona fortuna Egli si rivela come azione, questa cesserà da sé. Ristagno equivale a morte; per rinunciare all’arresto del movimento, l’uomo ricorre a innumerevoli espedienti. Bisogna rinunciare solo a ciò che cade da sé.

Insistete nel dire che la mente va dissolta; ma non dimenticate che la stessa mente è il mahayogi, sì, lo yogi sublime. Le vostre scritture dicono che tale yogi si comporta come un bambino capriccioso, che ignora la pulizia, la decenza e la proprietà, o come un pazzo o come uno all’apparenza svogliato e insensibile. Ritenete molto elevato ciò che assomiglia alla completa indifferenza e inattività, e inoltre dite: “Ciò che è nel microcosmo è nel macrocosmo”.

Un’incarnazione divina (avatar) che gioca come un bambino – quant’è adorabile, com’è affascinante! Quando la gente comune legge o sente parlare dell’infanzia di Sri Krishna o la vede rappresentata sul palcoscenico, l’interpreta alla luce del comportamen­to dei propri figli, poiché è con questi che ha familiarità. Da dove dovrebbe venire la capacità d’intenderne il significato interiore? Quando assistete ad una rappresentazione teatrale del gioco amoroso tra Radha e Krishna nel Rasalila, o a una rappresentazione del Ramalila, non vedete il vero lila, che è totalmente spirituale, sovrannaturale (aprakrta), trascen­dentale. Laddove vi è un’esperienza reale, ciò è dovuto all’ope­ra della visione spirituale.

In effetti, che cos’è un mantra? Mentre si è schiavi dell’idea di ‘io’ e ‘tu’ e ci s’identifica con l’ego, il mantra rappresenta lo stesso Essere Supremo sotto forma di suono. Non vedete come certe sillabe sono state magnificamente messe insieme nei mahavakya? Pensate di essere completamente incatenati, ma è solo ciò che crede la vostra mente. Ecco perché la vera conoscenza può sopravvenire nello stesso istante in cui si pronuncia una parola di potenza, composta semplicemente da alcune lettere comuni messe assieme. Com’è misteriosa e intima la relazione tra queste parole e l’immutabile Brahman! Prendete ad esempio lo Shabda Brahman: con il semplice shabda ci si stabilisce nel Sé. L’oceano è contenuto nella goccia, e la goccia nell’oceano. Che cos’è una scintilla, se non una particella di fuoco – di Lui, che è la stessa conoscenza suprema?
È l’idea di ‘tu’ ed ‘io’ che ha tenuto tanto tempo prigioniera la vostra mente. Dovete comprendere che la combinazione di suoni che va usata è quella che ha il potere di liberarvi dalla schiavitù. In verità è attraverso il suono che si entra nel silenzio, poiché Egli è manifesto in tutte le forme, senza eccezioni. Tutto è possibile nello stato che è oltre la conoscenza e l’ignoranza.

Fino a quando non sarete stabiliti completamente nella cono­scenza suprema, dimorate nel reame di onde e suoni. Ci sono suoni che attirano la mente all’esterno e altri che l’attirano all’interno; ma i suoni che tendono all’esterno sono collegati anche a quelli che portano all’interno. A causa della loro correlazione, in un momento propizio potrebbe avvenire quella perfetta unione seguita dalla grande Illuminazione, la rivelazione di ciò che È. Perché non dovrebbe essere possibile, giacché Lui è sempre rivelato? Inoltre, poiché Lui rivela Se stesso, perché non si dovrebbe ammettere che ci possano essere esempi d’Illuminazione senza l’aiuto della parola esterna? In alcuni casi si ricorre alla parola esterna, in altri no; comunque, nel mondo degli uomini così come sono, di solito c’è questa dipendenza. Nei casi in cui non è così, sarà dovuto a istruzioni e tendenze che risalgono alle nascite precedenti; anche questo può certamente accadere. Non è anche giustificabile immaginare che l’illuminazione possa avvenire anche senza avere, nelle vite passate, ricevuto insegnamenti e sviluppato una tendenza in quella direzione? Poiché Lui risplende di luce propria, come si può escludere una qualunque possibilità? La diversità è la nostra stessa diversità; ciascuno vede e parla secondo la propria luce.

L’unità

Lui solo È – perciò la questione di accettare o rifiutare non si pone. Ha mai cominciato ad esistere, perché si debba accettarLo? Egli non è mai nato. Secondo un certo punto di vista è vero che questo mondo non esiste, che la Verità si trova eliminando nome e forma. D’altro canto, nome e forma sono costituiti dall’akshara*, dall’indistruttibile; ma, in essenza, Quello è Verità. L’apparizione del mondo fenomenico (dovuta ad una percezione erronea) e la sua scomparsa (dovuta alla giusta Conoscenza) sono in definitiva la stessa cosa: sono entrambe Lui. Non si tratta dunque di correggere un errore; c’è solo Lui, l’Unica Base di tutto. L’errore di pensare che esista l’errore va sradicato, avendo Lui come meta. Parlare in questo modo serve solo ad aiutare qualcuno a comprendere.

Lo studio delle sacre scritture e di testi simili, a condizione che non diventi un’ossessione, può aiutare ad afferrare la verità. Fino a quando ciò che si è letto non è diventato esperienza personale, vale a dire non è stato assimilato nel proprio essere, non ha realizzato il suo scopo. Un seme tenuto nella mano non può germogliare: per poter manifestare tutte le sue potenzialità deve svilupparsi in una pianta e produrre frutto. Eppure, nello stato in cui non si può parlare di rivelazione né di occultamento, ciò che appare e diviene è sempre presente. Ad un certo livello si vedono, per così dire, bagliori, barlumi della Realtà; anche questo è uno stadio. Non si può comprendere ciò che si percepisce, e dunque si è confusi. In verità ci sono innumerevoli stati e stadi. Il potere di ardere del fuoco è indivisibile, ma come può esserci pienezza e completezza nei cosiddetti bagliori o barlumi che si percepiscono? La questione della divisione non si pone solo dove c’è quella pienezza. Ciò che ci vuole è un genuino risveglio, un risveglio dopo il quale non c’è più nulla da conseguire. Il mondo degli oggetti dei sensi può o non può essere percepito, non fa alcuna differenza. Esiste uno stato in cui è così.

Tutto quello che si fa appartiene al regno della morte, dell’incessante mutamento. Nulla può essere escluso. Tu sei nella forma della morte e nella forma del desiderio; Tu sei il divenire e l’essere, la differenziazione e l’identità – giacché Tu sei infinito, senza fine. Sei Tu che ti celi nel travestimento della natura. Da qualunque punto di vista si possa fare un’affermazione, non m’oppongo mai ad essa; poiché Egli è tutto, Lui solo è: l’Uno con forma e senza forma. La vostra essenza divina non si può rivelare nel vostro stato attuale. Quando si costruisce un tetto, è essenziale che tutti i materiali che lo compongono rimangano uniti. Non importa quanto tempo può richiedere, il tetto dev’essere solido. Allo stesso modo (nessuna similitudine è perfetta), v’identificate con un tipo di lavoro nel quale siete esperto, credendo che costituisca la vostra vera natura. Fin qui va bene; ma dov’è la totalità del vostro essere, che è con forma e senza forma? Dovete riflettere: che cosa dev’essere conseguito? Dovete diventare coscienti del vostro Sé nella sua totalità. No, diventare pienamente coscienti non basta; dovete andare oltre coscienza e incoscienza. Ciò di cui si ha bisogno è la rivelazione di Quello. Dovete continuare a discriminare, a fare uno sforzo sostenuto per convincere la vostra mente del fatto che japa, meditazione e tutti gli altri esercizi spirituali hanno come scopo il vostro risveglio. In questo pellegrinaggio non bisogna rilassarsi mai: ciò che conta è lo sforzo! Bisogna cercare di rimanere sempre impegnati in questo sforzo; deve far parte del proprio essere, bisogna fondersi con il proprio Sé. Sei Tu che gridi disperatamente nell’angoscia, e Tu Stesso sei la Via e la Meta. Affinché questo possa rivelarsi, l’uomo deve usare con vigore incessante la propria intelligenza.
Un albero s’annaffia alle radici. La radice dell’uomo è il cervello, dove il suo potere raziocinante – l’intelletto – è costantemente al lavoro. Tramite il japa, la meditazione, lo studio delle scritture e simili pratiche, si progredisce verso la Meta.

L’uomo deve dunque impegnarsi e, fissando lo sguardo sull’Uno, avanzare lungo il sentiero. Qualunque legame, vincolo o restrizione s’imponga deve avere come fine la Meta suprema della vita. Bisogna andare avanti con indomita energia alla scoperta del proprio Sé.
Che s’intraprenda il sentiero della devozione, in cui l’ ‘io’ si perde nel ‘Tu’, o il sentiero della ricerca del Sé, in cerca del vero ‘Io’, si troverà soltanto Lui tanto nel ‘Tu’ quanto nell’ ‘Io’.
Perché mentre si percorre il sentiero lo sguardo dev’essere fisso? Lo sguardo è Lui e anche il ‘perché’ è Lui. Ciò che è rivelato o nascosto, dovunque e in qualunque forma, sei ‘Tu’, è l’ ‘Io’. Negazione e affermazione sei ugualmente ‘Tu’: l’Uno. Lo capirete pienamente solo quando troverete tutto dentro di voi – in altre parole, nello stato in cui non c’è altro che il Sé. Ecco perché, mentre siete sulla via, dovete dirigere lo sguardo verso l’Eterno. Anche la limita­zione è una manifestazione dell’Illimitato, dell’In­finito; in essenza non è altro che il vostro Sé. Fino a quando tutto questo non si rivela, non si può parlare di realizzazione piena, completa, perfetta, che tutto comprende – chiamatela come volete! In tale stato di Compimento come potrebbe sorgere ancora la questione della perfezione o dell’imperfezione, della completezza o dell’incompletezza?
[*) – Il termine ‘akshara’ significa ‘indistruttibile’, e anche ‘lettere dell’alfabeto’.]
Bhakti

Mataji: Volete sapere se la grazia (ahetuka kripa) è senza causa o motivo? Certamente, perché la grazia è per sua stessa natura al di là di ogni causa o motivo. Quando si agisce, si raccoglie il frutto delle proprie azioni. Se, per esempio, servite vostro padre e questi, compiaciuto del vostro servizio, vi fa un regalo, questo sarà il frutto dell’azione: si fa qualcosa e in cambio si riceve qualcos’altro. Ma la relazione eterna che esiste per natura tra padre e figlio non dipende da alcuna azione. Dio è davvero il Padre, la Madre e l’Amico Supremo. Come potrebbe dunque esserci una causa o un motivo per la Sua grazia? Voi siete Suo, e in qualunque modo Lui possa attirarvi a Sé, è solo per amore di rivelarvi Se Stesso. Chi è stato ad instillare il desiderio di trovarLo che si desta nell’uomo? Chi vi spinge ad agire affinché esso si realizzi?

Dovete capire che ogni cosa origina da Lui. Qualunque potere, qualunque abilità possediate – anche voi stesso – da dove nasce? Non hanno tutti lo scopo di trovarLo, di distruggere il velo dell’ignoranza? Tutto ciò che esiste ha origine in Lui soltanto; perciò dovete cercare di realizzarvi. Siete padroni anche di un solo respiro? In qualunque misura, anche minima, Egli vi faccia sentire la libertà d’azione, se capite che questa libertà va usata per aspirare a realizzare Lui, sarà per il vostro bene. Se invece vi credete l’autore delle azioni e pensate che Dio sia molto lontano e, per la Sua apparente lontananza, agite gratificando i vostri desideri, questa è un’azione sbagliata. Dovete considerare tutte le cose come Sue manifestazioni. Quando riconoscerete l’esistenza di Dio, Egli vi Si rivelerà pieno di compassione, di carità o di misericordia, secondo l’attitudine che avrete verso di Lui in quel momento; ad esempio, per l’umile Egli diviene il Signore degli umili.
Se dite: “Egli è immutabile e tuttavia agisce”, pensate che agisca quando in realtà non ha azione; poiché il vostro ego si vede come agente, pensa che anche Lui compia delle azioni.

Egli è qualunque cosa pensiate che sia, certo. D’altra parte – pensate – dov’è Quello, chi dev’essere l’autore di quale azione, e su cosa dovrebbe agire? Egli cammina senza piedi, vede senza occhi, ascolta senza orecchie e mangia senza bocca – in qualunque modo possiate descriverLo, è così.
Quando un sadhaka comincia ad adorare il vigraha del suo Amato, nel corso della pratica perverrà ad uno stato in cui vedrà la forma dell’Amato ovunque cadano i suoi occhi e realizzerà: “Tutte le altre divinità sono contenute nel mio Amato”. Vede che il Signore di ognuno e tutte le cose sono contenute nel proprio Ishta, e che il suo Ishta risiede ugualmente in tutte le divinità e, di fatto, in ogni cosa. Il sadhaka arriva a sentire: “Così com’è dentro di me, allo stesso modo il mio Signore è veramente presente in ogni altro individuo. Il mio Amato è ovunque nell’universo – nell’acqua, nella terra, negli alberi, negli arbusti e nei rettili; inoltre, non sono espressioni del mio Amato tutte le varie forme e modi di essere che vediamo? Non c’è altro che Lui. Egli è più piccolo del più piccolo, e più grande del più grande”.

Spinto da diverse tendenze innate, ciascuno di voi adora una divinità differente. Il vero progresso nel campo spirituale dipende dalla sincerità e dall’intensità della propria aspirazione. La misura del progresso spirituale di una persona si rifletterà nelle manifestazioni concesse dal suo Ishta, che in nessun modo rimarrà inaccessibile o separato dal Suo devoto, ma Si lascerà contattare in un’infinita varietà di modi. Per quanto condizionato, troverete il Tutto dentro di voi e sarete in grado di comprendere che le vostre tendenze innate sono ugualmente parte di questo Tutto. Quanto è stato detto rappresenta un punto di vista. Non potete dissociarvi dal Tutto.

Che cosa sono i diversi tipi di animali, uccelli, uomini e così via? Cosa sono queste varietà e forme di vita, che cos’è l’essenza dentro di loro? Che cosa sono in realtà queste forme sempre mutevoli? Con gradualità, lentamente, poiché siete presi nella contemplazione del vostro Amato, Egli Si rivelerà a voi in ognuna di queste forme; nemmeno un granello di sabbia sarà escluso. Realizzerete che acqua, terra, piante, animali, uccelli ed esseri umani sono solo forme del vostro Amato. Alcuni ne fanno esperienza in questo modo. La realizzazione però non viene a tutti nella stessa maniera. Ci sono infinite possibilità. Il sentiero specifico lungo il quale l’Universale si rivelerà ad ogni singolo individuo nella sua illimitatezza rimane ignoto alla persona comune.

Riguardo ciò che avete appena udito nel discorso sullo Srimad Bhagavatam circa il corpo universale del Signore, che compren­de ogni cosa – alberi, fiori, foglie, colline, montagne, fiumi, oceani e così via – verrà il tempo, dovrà venire, in cui l’individuo percepirà di fatto la Forma Universale dell’Uno che pervade tutto. La varietà delle Sue forme e apparenze è infinita, incalcolabile, interminabile. “Colui che ha molte forme, e che costantemente crea e distrugge le Sue forme, è l’Uno che adoro”. Nella misura in cui crescerete nel riconoscimento sempre più pieno e vasto di questa verità, realizzerete la vostra unità con ciascuna di queste innumerevoli forme. In quest’immensità vi sono diverse forme, diversi modi, manifestati in maniere differenti, senza fine, senza numero – e tuttavia c’è fine e numero. Quando un sadhaka entra in questo stato, diviene consapevole della continua trasformazione di tutte le forme e di tutti i modi. Egli si desta alla vera comprensione, vale a dire realizza che lo Stesso Supremo si manifesta come il potere di comprensione. Quando la corrente del proprio pensiero, che era diretta verso le cose del mondo, viene invertita e rivolta all’inter­no, lo stesso Uno si rivela come la ‘capacità segreta’. Guardate il mondo sempre mutevole, nel quale ciò che esiste in un dato momento non esiste il momento dopo, nel quale l’essere entra continuamente nel non-essere. Chi è dunque questo non-essere? Esiste anche il non-esistente.

A questo proposito bisogna dire che se si vuole trovare la Verità, ogni cosa dovrà essere realizzata così com’è, al proprio posto, senza scegliere una cosa piuttosto che l’altra. È un regno senza fine, nel quale anche ciò che si percepisce come non esistenza è ugualmente un’espressione dell’Uno. Nel Cinmayi, il mondo puramente spirituale, tutte le forme – quali che siano – sono sempre eterne. Simultaneamente e nello stesso luogo c’è sia la non-esistenza sia l’esistenza, ed anche né la non-esistenza né l’esistenza – e ancora di più, se potete andare oltre!

Come il ghiaccio è solo acqua, così l’Amato è senza forma e senza qualità; quindi la questione della manifestazione non si pone. Una volta realizzato questo, si è realizzato il proprio Sé. Trovare l’Amato, infatti, vuol dire trovare il mio Sé, scoprire che Dio è la cosa più intima, assolutamente identico al mio Sé più profondo, il Sé del mio Sé. In conformità alle esigenze del tempo e delle circostanze, possono verificarsi varie possibilità: per esempio, la rivelazione dei mantra ed anche di tutti i Veda da parte degli antichi rishi, che furono i veggenti dei mantra. Tutto questo accade in accordo con il karma dell’individuo e con la disposizione interiore della persona interessata.
Quando un sadhaka realizza cosa sono essenzialmente la forma e l’assenza di forma, si ha davvero una realizzazione perfetta. Egli viene a conoscere cos’è il bhava, la relazione interiore della forma con lo Shabda Brahman, i numerosi tipi di linguaggi – infiniti nella loro varietà – e realizza anche che il linguaggio è lo Shabda Brahman. Davanti a lui si manifestano innumerevoli tipi di suoni, ciascuno nella sua caratteristica forma visiva; è così che tutte le forme diventano visibili. Nello stesso tempo la forma in realtà è vuota; si capisce che libertà dalla forma significa realizzare che la stessa forma è il vuoto. In tal modo il mondo si rivela come vuoto, prima di fondersi nel Grande Vuoto (Mahasunya). Il vuoto che si percepisce all’interno del mondo è una parte di prakriti, e dunque ancora forma. Da questo vuoto si deve procedere fino al Grande Vuoto.

La percezione del mondo, basata sulla vostra identificazione con il corpo e la mente, finora è stata la fonte della vostra schiavitù. Verrà il tempo in cui questo tipo di percezione svanirà davanti al risveglio della coscienza universale, che si rivelerà come un aspetto della Conoscenza Suprema. Cosa succederà alla stessa Essenza, quando ci sarà la conoscenza dell’Essenza delle cose? Rifletteteci! Quando sorgerà l’intuizione della forma e del senza forma in tutta la sua immensità, tutto sarà sradicato. Trascendendo il livello in cui esistono forma, diversità e manifestazione, si entra nello stato dell’assenza di forma. Come si può chiamare? Dio, Divinità, lo stesso Paramatman. Man mano che il sé individuale viene gradualmente liberato da tutte le catene, che non sono altro che il velo dell’ignoranza, esso realizza la sua unità con lo Spirito Supremo (Paramatman) e si stabilisce nel suo Essere essenziale.

Passiamo ora ad un altro aspetto della questione. Ciascuno ha il suo sentiero. Alcuni di quelli che avanzano lungo la linea del vedanta, quando progrediscono vedono dischiudersi il sentiero dei rishi. Può dischiudersi lo stesso sentiero dei rishi anche ad altri, le cui pratiche spirituali, rituali o yoga si attuano con l’aiuto d’immagini e altri mezzi. Altri ancora, guidati da voci e locuzioni del mondo invisibile, dappri­ma sentono queste voci come suoni udibili, ma gradualmente le ascoltano in un linguaggio perfetto che rivela il pieno significato di quanto è espresso. A poco a poco diviene chiaro che queste voci nascono dal proprio Sé e che sono Lui Stesso che Si manifesta in quel modo particolare. Quale che sia la linea d’approccio di un individuo, a tempo debito, in un modo o nell’altro, gli si può dischiudere il sentiero dei rishi o un sentiero simile. Ma dire in quale momento accadrà e a chi, è oltre la comprensione della persona comune.

Supponete che un uomo segua il suo sentiero specifico, che potrebbe essere l’adorazione di una divinità. Chi è presente realmente in quella particolare divinità? Certamente l’Uno, il Sé senza forma! Di conseguenza, come Lui è il Sé senza forma, così Lo è l’oggetto concreto dell’adorazione.
Chi si è stabilito pienamente nel Sé con il metodo del vedanta può trovare ugualmente la Realtà Suprema nel vigraha, così come l’acqua è contenuta nel ghiaccio. Vedrà allora che tutti i vigraha sono realmente forme spirituali dell’Uno. Perché, cosa si cela nel ghiaccio? Acqua, naturalmente. Laddove Lui è presente come Tutto, in quel ghiaccio vi sono fasi di scioglimento, come ghiaccio solido e semisolido. Nel puro Sé, invece, non possono esservi stadi. Anche se il ghiaccio può sciogliersi, è diventato ghiaccio ed è possibile che esista di nuovo come tale; di conseguenza, per Colui che Si manifesta nella forma del ghiaccio la questione di eterno e non-eterno non si pone. Per questo si parla di dvaitadvaita, per indicare che il dualismo e il non dualismo sono entrambi fatti – come voi siete nello stesso tempo padre e figlio.

Come potrebbe esistere il figlio senza il padre o il padre senza il figlio? In questo modo si capisce che nessuno dei due è meno importante dell’altro, e che qui non può esservi distinzione tra più alto e più basso: c’è solo uguaglianza, identità. C’è però un posto in cui si può effettivamente parlare di stati più alti e più bassi. Ciascuno dei due punti di vista è in sé completo. (Nessuna similitudine può essere applicata in ogni dettaglio, perciò considerate solo quel tanto per cui è intesa). Sia l’acqua sia il ghiaccio condividono la natura dell’eternità; così non c’è dubbio che Lui sia con e senza forma. Quand’è con forma – cosa paragonabile al ghiaccio – Egli appare sotto innumerevoli forme e modi, ciascuno dei quali è la Sua forma spirituale (Cinmayi vigraba). Secondo la propria via d’approccio, si dà risalto ad una forma particolare. Perché dovrebbero esserci tante differenti sette e sottosette religiose? Attra­verso ciascuna di esse Egli Si dona a Se stesso,* affinché ogni persona possa avanzare secondo la sua unicità individuale.

Solo Lui è l’acqua e il ghiaccio. Cosa c’è nel ghiaccio? Solo acqua. Secondo il dvaitadvaita, sia la dualità sia la non ­dualità sono dati di fatto; da quel punto di vista c’è sia la forma sia la libertà dalla forma. Ancora, quando si dice che c’è sia la dualità sia la non dualità, quand’è valida quest’afferma­zione? Vi è certamente un livello in cui differenza e non-differenza si percepiscono simultaneamente. In verità Egli è tanto nella differenza quanto nella non-differenza. Dal punto di vista del mondo si dà per certo che vi siano differenze. Lo stesso fatto che vi sforziate di trovare il vostro Sé mostra che accettate la differenza, poiché, alla maniera del mondo, vi pensate separati dal resto. Da questo punto di vista, la differenza indubbiamente esiste. Allora il mondo è destinato inevitabilmente alla distruzione (nasha), poiché non è né il Sé (na Sva) né Lui (na Sha). Non può durare per sempre e, tuttavia, chi è che appare, anche sotto forma dell’effimero? Pensateci. Che cosa va e viene? Ecco, si tratta di un movimento simile a quello del mare (samudra), Lui che esprime Se stesso (sva mudra). Le onde sono solo l’alzarsi e l’abbassarsi, il movimento dell’acqua, ed è l’acqua che si forma in onde (taranga) – in parti del Suo corpo (Tar anga) – in essenza sempre acqua.*
Cos’è che fa apparire la stessa sostanza in forme differenti, come acqua, ghiaccio e onde? Ciò si chiede di nuovo da un particolare piano di coscienza. Riflettete e vedete quanto potete capire! Nessuna similitudine è sempre valida in tutti i sensi. Quale lezione avete effettivamente tratto? Scopritelo!

Avete compreso che ciò che credevate con forma è anche senza forma; ma la realizzazione della verità non può venire attraverso un processo intellettivo; capirete certo anche questo.
Quanto detto implica che Egli si manifesta eternamente, dispiegando forma e qualità, malgrado sia senza forma e senza qualità; inoltre, poiché c’è solamente l’Uno-senza-secondo, la questione degli attributi e della mancanza di attributi non può sorgere. Voi parlate dell’Assoluto come Verità, Conoscenza, Infinità. Nel puro advaita non può mai sorgere la questione della forma, della qualità o del predicato – sia esso positivo o negativo. Quando dite: “Invero questo è Lui e anche quello è Lui”, con la parola ‘anche’ vi siete limitato e di conseguenza accettate la separazione delle cose come riferito prima. Nell’Uno non ci può essere ‘anche’. Lo stato d’Unità Suprema non può essere descritto come ‘Quello ed anche qualcos’altro da Quello’. Nel Brahman senza attributi non possono esserci cose come la qualità o l’assenza di qualità; c’è soltanto il Sé.

Supponiamo che sosteniate che Egli sia con qualità, incarnato. Quando vi concentrate completamente sulla forma particolare che adorate, per voi il senza forma non esiste – e questo è uno stato (sthiti). Vi è un altro stato in cui Egli appare sia con attributi sia senza. C’è un altro stato ancora, in cui esiste sia la differenza sia la non differenza – tutti e due inconcepibili – in cui Lui è totalmente oltre il pensiero. Si può assumere anche il punto di vista del Karmakanda vedico. Questo e tutto ciò che è stato detto prima fanno parte dello Stato Supremo, del quale si dice che anche se il Tutto è preso dal Tutto, il Tutto rimane Pieno. Non possono esservi addizioni né sottrazioni; la totalità del Tutto rimane intatta. Qualunque linea possiate seguire rappresenta solo un suo aspetto particolare. Ogni linea ha i suoi mantra, i suoi metodi, le sue credenze e miscredenze – a quale scopo? Per realizzare Lui, il vostro Sé. Chi o cosa è questo Sé? Secondo la vostra predisposizione, Lo trovate nella relazione del perfetto servitore con il suo Maestro, della parte con il Tutto o semplicemente nell’Unico Sé (Atman).

Ecco, se si crede in Svayam Bhagavan, il Suo Potere Divino (Shakti) è già dato per scontato. In questo caso distinguete tra Bhagavan e Bhagavati, tra Dio maschile e il Suo potere femminile. Da un certo punto di vista non è questione di maschile o femminile, ma da un altro punto di vista la divinità è concepita divisa in questi due aspetti. La Vergine Eterna (Kumari) non dipende da alcuno; Lei è l’Uno stesso come Potenza. Laddove la Realtà Suprema è concepita come Shakti, è riconosciuta come pura Esistenza (Satta) – con forma o senza forma – e la Potenza ne costituisce soltanto l’Essenza. È ancora un altro punto di vista. La forma può emer­gere solo quando il bhava (il desiderio di creare) si manifesta come kriya (azione). Anche questo è un modo di vedere la cosa; inoltre se concepite la stessa Bhagavati come Shakti, vi sono innume­revoli manifestazioni della Sua infinita Potenza. La Mahashakti è la causa prima di tutto: creazione, conservazione, dissoluzione. Come nel caso di un albero, in cui tutti i rami e i ramoscelli provengono dalle sue radici, così tutti i tipi e ordini di divinità, di angeli, arcangeli e così via, vengono in esistenza come manifestazioni di quella Potenza.

Il carattere specifico di Shiva è la trascendenza di ogni cambiamento e mutamento, simboleggiato da un cadavere (shava), che significa che nella morte della morte c’è l’Immortalità, cioè Shiva. Laddove c’è creazione, conservazione e dissoluzione, Lui è presente come divenire ed è Lui Stesso a mantenere l’universo col nome di Mahavishnu. Per quanto riguarda i diversi aspetti cosmici, Egli è davvero in ciascuno di essi, manifestandoSi in diversi modi e come il senza forma. Ciascuno di essi contiene tutto il resto, e in questa molteplicità si vede l’Uno! Quando guardate una forma non potete vederne altre, ma in ciascuna di esse è presente il Tutto, e ogni forma rivela l’Uno. Nel vuoto c’è pienezza, e nella pienezza il vuoto. Ci sono possibilità di ogni tipo e descrizione, ma la base è l’Uno, la Grande Luce. Egli è Infinito. Anche quando si parla semplicemente di un sentiero, come se ne può trovare la fine? Quando però l’individuo è incapace di procedere oltre, allora sembra che ci sia una fine.

Che cos’è la pura Esistenza (Satta)? Il Sé, lo Spirito Supremo, chiamatelo come volete. Ciò che chiamate Dio (Bhagavan), Maestà Divina, Gloria o Splendore è solo Lui, l’Uno. Dio è immutabile, il non agente (akarta), poiché non agisce. Solo chi è impegnato in un’azione può essere considerato l’autore di quell’azione. Poiché è presente in tutte le cause e in tutti gli effetti, come si può dire che li controlli o che non li controlli? In questo caso Egli è senza azione; ma dov’è la Sua maya, dove si percepisce il gioco della Sua Potenza e Maestà Divina e, dove la natura opera secondo leggi stabilite, chi si manifesta là? L’Uno naturalmente. Mutabile e immutabile – questi vostri punti di vista unilaterali appartengono al velo dell’ignoranza. Parlate di Lui come dell’agente o del non-agente, e cercate di limitarLo all’uno o all’altro. Dal vostro punto di vista è naturale percepire le differenze. Lui è ciò che volete che sia; Lo vedete secondo il vostro modo di pensare, e come Lo dipingete, così Egli è.

Fino a quando esiste il sipario, il velo dell’ignoranza, si è costretti a vedere e a sentire in questo modo limitato. Fino a quando non si rimuove l’oscuramento, come ci si può aspettare che avvenga la totale rivelazione della Verità? Quando verrà strappato il velo si rivelerà il fatto che anche la lacerazione del velo, e invero tutto ciò che esiste o avviene da qualsiasi parte, è solo Lui.
I tanti credi e le numerose sette servono a far sì che Egli possa donarsi a Se Stesso attraverso diversi canali – ciascuno dei quali ha la sua bellezza – e a far sì che si possa scoprire la Sua Presenza, che Si rivela nelle innumerevoli vie, in tutte le forme e nel senza forma. Lui Stesso è il Sentiero, e attira ogni persona su una via particolare, in armonia con le sue disposizioni e le sue tendenze interiori. L’Uno è presente in tutte le sette, anche se in alcuni casi sembra esservi conflitto tra esse, a causa delle limitazioni dell’ego.

Questo corpo, comunque, non esclude nulla. Chi segue un particolare credo deve andare avanti fino al punto da realizzare completamente tutto ciò che quel credo può dargli. In altre parole, quando avanzate lungo una via, quando aderite ad una determinata religione, fede o credenza – che concepite distinta e in conflitto con le altre – dovete prima di tutto realizzare la perfezione indicata dal suo fondatore, e ciò che è al di là si rivelerà spontaneamente.
Quanto è stato appena spiegato è applicabile nel caso di ciascuna delle varie sette; è però vero che se si rimane soddisfatti di ciò che si può conseguire seguendo una via, lo Scopo della vita umana non è stato raggiunto. Ci vuole una realizzazione completa e libera dal-l’antagoni­smo, che sradichi ogni conflitto e divergenza d’opinio­ne. Se è qualcosa di meno, significa che l’esperienza è parziale, incompleta. Nel caso della vera realizzazione, non possono esserci contrasti con alcuno; si è completamente illuminati in tutte le fedi e dottrine, e si vede che tutte le vie sono ugualmente buone. Questa è la realizzazione assoluta e perfetta. Fino a quando c’è contrasto non si può parlare di realizzazione; nondimeno, bisogna avere una fede risoluta nel proprio Ishta e seguire il sentiero scelto con costanza e concentrazione.

Per quanto riguarda il frutto dell’azione, in qualunque linea d’approccio, chi pensate si rivelerà laddove c’è uno sforzo fatto senza interruzione e con una concentrazione indivisa sull’unica Meta? Lui, l’Uno Indivisibile! Ma l’Uno Perfetto rivela Se stesso anche nella pura azione. Questo è il vero significato di ogni azione, dello sforzo, che è la caratteristica innata dell’individuo. La vera natura dell’uomo lo spinge a fare azioni che le diano espressione; la sua vera natura desta in lui il bisogno di compiere azioni di questo tipo. La vera natura dell’uomo, Sva, Svayam, Atman – datele il nome che preferite – è il Supremo, Io Stesso.
Fonte: www.anandamayi.org

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