Afforismi e poesie di Rumi

“Veicola luce, vivi la luce, spriggiona la luce SII LUCE.”

Biografia

Gialal al-Din Rumi fu un ulema, teologo musulmano sunnita e poeta mistico di origini persiane. Il suo nome è indicato anche come Jalāl al-Dīn Rūmī o Jalaluddin Rumi. E’ conosciuto come Mevlānā in Turchia e come Mawlānā in Iran e Afghanistan. Fondatore della confraternita sufi dei “dervisci rotanti“, Rumi è considerato il massimo poeta mistico della letteratura persiana.

Nasce il 30 settembre del 1207 in Afghanistan, probabilmente nella regione del Khorasan, a Balkh, da genitori di lingua persiana (secondo altre fonti, però, il suo luogo di nascita sarebbe Wakhsh, nel Tagikistan). Il padre è Baha ud-Din Walad, giurista, mistico e teologo musulmano.

Nel 1217, all’età di otto anni, partendo dal Khorasan Rumi compie, in compagnia della famiglia, il pellegrinaggio alla Mecca, mentre nel 1219 si trasferisce – sempre con il resto della famiglia – nella zona nord-orientale dell’Iran in seguito all’invasione mongola.

Con la famiglia passa, secondo la tradizione, attraverso Neishabur, dove incontra Farid al-Din Attar, vecchio poeta che gli profetizza uno splendido futuro e gli regala un esemplare de “Il libro dei segreti“, il suo poema epico, per poi nominarlo ideale continuatore della sua opera.

Gialal al-Din Rumi, quindi, si stabilisce con i genitori in Asia Minore, a Konya, dove viene introdotto alle scienze teologiche approfittando della fama di predicatore del padre. In seguito alla morte del genitore si avvicina anche alla mistica, diventando – così – una celebre guida spirituale sia per la dottrina che per le prediche. Comincia a radunare attorno a sé un gruppo di studiosi con lo scopo di redigere una teoria di scritti teologici.

Per ben sette anni Rumi rimane in Siria per approfondire lo studio delle scienze giuridiche e teologiche islamiche, tra Damasco e Aleppo. Il suo padrino Sayyid Burhan al-Din Muhaqqiq prende il posto di suo padre, prendendosi cura anche di lui e diventando lo shaykh dei discepoli lasciati da Baha ud-Din Walad.

Intorno al 1241, anno in cui Sayyid si ritira a Kayseri, Rumi lo sostituisce. Tre anni più tardi è protagonista di un incontro che gli cambierà la vita, quello con Shams-i Tabriz, personaggio misterioso che diventa il suo maestro spirituale trasmettendogli i suoi insegnamenti in tema di scienze legali e teologiche islamiche.

Con l’aiuto di Tabriz, esperto della scuola Shafi i, Rumi si dedica a una profonda e prolungata ricerca spirituale in seguito alla quale Tabriz sparisce in circostanze misteriose: un evento che crea scandalo.

Dopo la morte del maestro, Rumi è protagonista di una fase di eccezionale capacità creativa, grazie alla quale compone poesie per una raccolta che contiene qualcosa come 30mila versi.

Pochi anni più tardi egli ha modo di conoscere, nella città di Damasco, il grande mistico islamico Ibn Arabi, uno dei teorizzatori più importanti dell’unità dell’essere. Si dedica, quindi, alla realizzazione delle sue due opere principali: una è “Divan-i Shams-i Tabriz“, il canzoniere che raccoglie odi di vario genere. Mentre l’altra è “Masnavi-yi Manavi“, un lungo poema a rime baciate che da più parti è stato considerato un Corano in lingua persiana, suddiviso in sei quaderni ognuno dei quali anticipato da una prefazione in arabo in prosa.

Gialal al-Din Rumi muore il 17 dicembre del 1273 a Konya, in Turchia. Dopo la sua scomparsa i suoi discepoli faranno riferimento all’ordine Mevlevi, i cui riti sono finalizzati al raggiungimento della meditazione attraverso danze rituali. Quella dei dervisci rotanti è una pratica celebre: essi compiono una danza turbinante come metodo per raggiungere l’estasi mistica.

Afforismi e poesie

TU SEI IL TUO PENSIERO
Se pensi alle rose, sei un giardino di rose

La verità era uno specchio che cadendo dal cielo si ruppe… 
Ciascuno ne prese un pezzo e vedendo riflessa in esso la propria immagine , credette di possedere l’intera verità…

L’amore è una forza immane che può soggiogarti oppure estasiarti con il suo fascino lieve e sottile

L’ESSENZIALE SI CELA OLTRE LE PAROLE !
Non tutte le cose si possono rivelare, la maggior parte resta nel non detto.
Al di là delle idee di giusto e sbagliato,
vi è un vasto campo.
Come vorrei incontrarvi là!
Quando colui che cerca raggiunge quel campo,
si stende e si rilassa:
là non esiste credere o non credere …

Gialad-ad-din Rumì

  “LE VIE SONO DIVERSE, LA META E’ UNICA. NON SAI CHE MOLTE VIE CONDUCONO A UNA SOLA META? LA META NON APPARTIENE NE’ ALLA MISCREDENZA NE’ ALLA FEDE; LI’ NON SUSSISTE CONTRADDIZIONE ALCUNA. QUANDO LA GENTE VI GIUNGE LE DISPUTE E LE CONTROVERSIE CHE SORSERO DURANTE IL CAMMINO SI APPIANANO; E CHI SI DICEVA L’UN L’ALTRO DURANTE LA STRADA “TU SEI UN EMPIO” DIMENTICA ALLORA IL LITIGIO, POICHE’ LA META E’ UNICA”.
Hanno detto:”Da ogni parte c’è la luce di Dio”.
Ma gridano gli uomini tutti:”Dov’è quella luce?”
L’ignaro guarda a ogni parte,a destra,a sinistra;ma dice una Voce:
Guarda soltanto,senza destra e sinistra!”.

Rumi, rivolto allo scolastico, al teologo e al seguace dei falsi maestri: 
“Quando smetterai di adorare e amare la brocca? Quando comincerai a cercare l’acqua? ”

Parabole si saggezza sufi,
Racconti di Jalaloddin Mevlana Rumi – da il canto del Derviscio

Certi Poteri e certe Conoscenze sono solo un preludio: uno strumento non un fine.
Non applicarle mai per esaltare il tuo orgoglio, dominare gli altri o metterti in mostra di fronte al mondo !

Sappi che se non terrai a bada la tua cupidigia, sarà necessario che alcuni Guardiani [molto più potenti di te] attuino delle manovre per farti desistere dai tuoi proponimenti ed eventualmente privarti di alcune facoltà.

Man mano che manipolerai l’energia per l’avidità dei tuoi loschi fini, perderai sempre più forze, ti saranno inflitte pene che inizialmente non potrai comprendere e quindi le sottovaluterai.
Ma a un certo punto, non avendo messo a frutto le conoscenze che ti sono state impartite o i poteri che hai potuto acquisire, sarai costretto ad ammettere che il tuo accecamento è stato il risultato della tua incessante brama.
Se ti ravvederai – e sarai fortunato – potrai comunque trovare la pace in altri luoghi, altrimenti dovrai rimpiangere te stesso per la tua cattiva disposizione d’animo.

Le cose hanno molti Nomi, ed essi, dopotutto, sono solo invenzioni dell’uomo.
Se ti attieni ai nomi, perdi di vista l’Uno. I nomi sono tanti, mentre l’Uno è unico. E’ questo l’albero della vita che stavi cercando.
Avendo preso il tuo compito alla lettera sei stato fuorviato dall’attaccmaento ai nomi e hai quindi fallito la tua ricerca.
L’albero della vita è ovunque; talvolta viene chiamato “sole”, o anche “lago, nuvola. Ma puoi denominarlo anche mare, sabbia o vento… oppure Eternità.
In ognuno di esso trovi l’albero della vita.
Ciò che chiami Padre è , per un altro, il Figlio”.
Ti do un indizio:
Se frugherai nel tuo stesso cuore potrai scoprire le radici dell’albero della vita <3


Finora hai tirato male le tue frecce. Ti sei prodigato per lanciare lontano, trascurando ciò che ti era vicino.
Più lontano tiri, più il tesoro ti sfugge!
Credimi, è lo sforzo che ti fa fallire.
Perciò, tira la freccia dolcemente e cerca il tesoro con umiltà. Esso ti è vicino, e non può sfuggirti.
L’uomo evita di osservare le cose semplici, quelle di ogni giorno. Così, però, perde di vista i suoi tesori spirituali, quelli più consistenti.
Il filosofo si suicida col pensiero, mentre, se lo abbandonasse almeno per un attimo, scoprirebbe ciò di cui va in cerca.
Qualcosa che gli è molto vicino.

Ritenta, dammi retta. Ma con un altro spirito!

Solo quando annullerai il tuo orgoglioso “io”, potrai tirare senza sforzo e fare centro!
Solo allora il mondo ti cadrà in grembo.

L’uomo ascoltò il consiglio e fu così che ritrovò il tesoro perduto, la sua essenza. L’aveva persa di vista, ma, in fondo, non se ne era mai allontanato.
Comprese che era andato in giro per il mondo a cercare ciò che aveva in casa!

Il mio tempo è prezioso, poiché è la MORTE A CERCARMI, 
Non posso permettermi di sprecarlo !

Morii minerale e rinacqui vegetale.
Morii vegetale e rinacqui animale.
Morii animale e fui uomo.
Perché dovrei temere? 
Morendo fui forse di meno?
Eppure di nuovo morirò uomo, per librarmi Con gli angeli beati; ma anche la condizione angelica Dovrà passare.  Tranne Dio, tutto perisce.
Quando avrò sacrificato la mia anima d’angelo, Diverrò ciò che mente umana non pub concepire. Oh, che io possa non esistere! 
Perché la non esistenza proclama “A Lui ritorneremo”.

LA VARIETA’ DELLE ILLUSIONI E LA VERITA’ MULTIFORME

Un elefante fu portato in un salone ampio e buio. Nell’oscurità non si capiva di cosa si trattasse, poiché le forme del pachiderma non si vedevano.

Quattro persone entrarono nella stanza, invitate dal padrone di casa. L’uomo ne conosceva la reputazione, sapendo che erano grandi studiosi. Cosi, aveva deciso di sottoporli a una prova: avrebbero scoperto che si trattava di un elefante, nonostante l’oscurità?

“Vediamo se sono veramente saggi come dicono, o se la conoscenza che si attribuiscono è puramente fittizia!” pensava tra sé l’uomo.

Nel salone era buio pesto, e gli studiosi riuscivano a malapena a camminare.

Uno di loro si avvicinò all’elefante, toccandogli un orecchio, e annunciò subito le sue conclusioni.

«Ma certo, amici! Si tratta di un ventaglio enorme!»

Un altro si fece avanti, un po’ perché voleva contestare il collega e un po’ perché l’ipotesi gli sembrava affrettata.

Ma anche lui esclamò subito di aver compreso la natura dell’oggetto. Dopo aver toccato una zampa dell’elefante, constatandone la durezza, dichiarò che si trattava di una colonna.

Fu la volta di un terzo erudito che, nel buio del salone, toccò il dorso dell’elefante.

«Ci sono! Vi sbagliate entrambi, cari colleghi. Non è né un ventaglio, né una colonna. È invece un trono, di inusitata grandezza!»

Anche lui era convinto delle sue asserzioni, e negava quelle degli altri.

L’ultimo del gruppo – che era anche il più saggio – si avvicinò all’elefante, e ne accarezzò il tronco ruvido e imponente.

«Voi dite che è un ventaglio, una colonna o un trono. Io stavo per dire che è un… Ma mi trattengo, perché, a questo punto, non ci capisco più nulla!»

Il padrone di casa convocò gli studiosi, e disse cordialmente:

«Non siete riusciti a scoprire che era un elefante, ma mi avete ugualmente impartito una preziosa lezione.»

Il primo luogo dove si combatte la vera Guerra Santa è lo Spirito, su questo terreno devi mostrare il tuo valore.
E’ più facile combattere e uccidere un infedele che vincere le proprie passioni.
La prima battaglia, quella dello sterminio degli altri esseri umani, è dettata dall’odio e finché la porterai avanti sarai schiavo delle passioni;
la seconda , è dettata dalla saggezza che ti ricorda che tu stesso sei il tuo peggior nemico e anche il tua miglior alleato; è quella che ti prepara a combattere una nuova battaglia nei labirinti del tuo Cuore, per soggiogare le emozioni deplorevoli e purificare la tua vita.

LA RICERCA DEL DIVINO
[Guardati bene intorno, e la tua ricerca avrà fine]

Il bazar era pieno di gente. Quando il monaco entrò , non diede nell’occhio.
Poi si mise al centro del salone e gridò:

“Cerco un uomo, la cui vita sia animata dal principio divino!”
Un avventore si staccò dal gruppo dicendo:
“Sei nel posto giusto! Qui siamo tutti vivi, non temere. Non hai bisogno di recarti altrove.”
Il monaco replicò:
“Io cerco un uomo vivo, che si trovi a suo agio nella fortuna come nella sventura, nella gioia e nella pena…
L’ho cercato ovunque, ma non sono riuscito a trovarlo”
“Se è qui si faccia avanti!”

L’avventore che si era rivolto al monaco, mutò espressione:
“Fratello, sei in cerca di una bestia rara. Eppure so perché non sei riuscito a trovarla…”
“E perché?” domandò il monaco, agitato.
“Calmati, e te lo dirò”
“Finché sei emozionato e turbato , non puoi renderti conto dell’oggetto della tua ricerca. Devi chiarire a te stesso cosa vuoi. Quando lo avrai fatto, comprenderai ogni cosa.”
“Perché, vedi… tu ignori il decreto divino! Cerchi i tralci ma non la vite, i frutti ma non l’albero.”
“Gli uomini sono i rami, Dio è la radice dell’albero”
“E’ lui che stai cercando
E se pensi di non averlo trovato è solo perché a ogni angolo del tuo sentiero, ti sei già imbattuto in lui.
Però non l’hai riconosciuto. Era la donna che ti portò da bere alla fonte, il bambino che ti ha sorriso o io stesso, che ti parlo come un fratello.”
“Poiché è l’Uno che istruisce il cielo, orientando la rotta dei pianeti. E dal fuoco fa scaturire l’acqua.
Quando vedi la povere alzarsi e svanire nell’aria, trovi l’Eterno al centro dell’universo.
Non puoi contemplare la pala del mulino senza guardare l’acqua che la muove.”
Guardati bene intorno, e la tua ricerca avrà fine.
Il monaco capì il senso del discorso e placò i suoi affanni.

DAVANTI ALL’ETERNO (istante della morte)

[…] In quell’istante non pensavo più a nulla. Mi trovavo in uno stato alterato di coscienza. Il mondo, le cose, gli uomini mi apparivano come fantasmi. Sublimi, sicuramente, ma vuoti e inconsistenti… In quell’istante non esistevo più, e al contempo vedevo tutti dentro la mia persona… Ora, scampato all’estremo momento, sono tornato sulla terra a condividere i timori degli uomini… E come loro, assegno nomi alle cose, e parlo di “Bontà, Misericordia, Compassione” e così via. Mentre la realtà è unica, come ho capito in quel breve istante, Splendido istante.
Se il sovrano mi avesse ucciso, allora, mi avrebbe dato l’eternità, non la punizione.
“Capisci ora perché deploro l’uomo che mi ha strappato dal Paradiso di quell’attimo?”

DIETRO La PORTA
Due uomini erano grandi amici. Ciascuno dava all’altro il necessario, intuendone le esigenze.
Tuttavia, c’era ancora qualcosa che si frapponeva tra loro. Quasi una carenza, un tassello mancante, che non permetteva di scrivere a caratteri cubitali la parola “amicizia”.
Nessuno dei due aveva capito di cosa si trattasse, benché si sforzasse di individuarlo.
Un giorno, uno dei due amici fu colto da una grave sventura. Un violento terremoto gli distrusse la casa. In preda alla disperazione l’uomo si diresse dall’amico, la cui abitazione era intatta.
Nella notte fredda l’uomo bussò alla porta, pensando che l’amico lo avrebbe accolto a braccia aperte.
“Chi è”
“Sono io. Per favore, apri. Non ho più casa”
“Come dici? Non capisco”
“Sono io, il tuo amico. Non mi riconosci?”
“Mi dispiace . Non posso farti entrare”

Lo sventurato non risciva a capire perché l’altro non lo aveva ospitato. Benché sbigottito, l’infelice non volle insistere. Di sicuro il suo amico aveva qualche buona ragione per comportarsi così.
L’uomo si allontanò, vagando alla cieca nell’inverno freddo e dormendo dove capitava.
Dopo alcuni mesi, specchiandosi nelle acque ti un torrente , capì improvvisamente perché l’altro lo aveva allontanato in quella notte di sventura. Capì cosa fare e tornò a bussare alla porta del suo amico.

“Chi è?”, gli chiese l’altro, nonostante avesse riconosciuto la voce.
La risposta arrivò dopo un attimo di esitazione
“SEI TU, Apri presto, hai freddo !”
Questa volta l’amico aprì la porta. Non poteva lasciare se stesso lì fuori al freddo.
I due erano ormai un’unica persona e l’amicizia era completa. 

 DESTINO COMUNE:
Quattro fedeli si recarono in una moschea, per le orazioni quotidiane. Nella loro devozione, consideravano la prefhiera l’attività più interssante della giornata. 
Mentre erano immersi nelle orazioni, un amico comune entrò nel tempio. Uno dei quattro gli chiese se avesse qualcosa da riferire loro.
Agendo così, l’uomo infranse la regola. Infatti, mentre si sta pregando, non si può parlare d’altro.
Immediatamente, un secondo fedele glielo fece notare.
“Concentrati nelle preghiere, e non parlare d’altro altrimenti esse non avranno valore!”
Ma anche questo devoto, rimproverando il compagno commetteva lo stesso errore.
Il terzo fedele lo fece subito notare, pensando ad alta voce:”Ecco che hai sbagliato anche tu! Perché mai lo hai rimproverato? Pensa a te stesso, anziché preoccuparti degli altri.
Il quarto si riteneva abbastanza accorto da non cadere nella trappola. Non voleva , a sua volta, commettere gli errori dei compagni.
“Meno male che non ci sono cascato! Ho evitato l’insidia di accusare gli altri delle mie mancanze.”
Parlando così, finì invece per condividerne la sorte 

[allo stesso modo noi pretendiamo che gli altri si esimano dall’esprimre giudizi , non accorgendoci però che già questa pretesa è un giudizio su cosa o come l’altro dovrebbe comportarsi in una data circostanza…
Si chiama ipocrisia, ed anch’essa è un Destino Comune dell’uomo] 

 ———–
L’amante Perfetto    

Ho bisogno d’un amante che,
ogni qual volta si levi,
produca finimondi di fuoco
da ogni parte del mondo!
Voglio un cuore come inferno
che soffochi il fuoco dell’inferno
sconvolga duecento mari
e non rifugga dall’onde!
Un Amante che avvolga i cieli
come lini attorno alla mano
e appenda,come lampadario,
il Cero dell’Eternità,entri in
lotta come un leone,
valente come Leviathan,
non lasci nulla che se stesso,
e con se stesso anche combatta,
e, strappati con la sua luce i
settecento veli del cuore,
dal suo trono eccelso scenda
il grido di richiamo sul mondo;
e,quando,dal settimo mare si volgerà
ai monti Qàf misteriosi da
quell’oceano lontano spanda
perle in seno alla polvere!     

Magnete Divino  

 

Gioia non vidi in entrambi mondi,salvo te,
anima mia,molte meraviglie ho visto,
ma non vidi miracolo simile a te!
Dicono che sorte dei miscredenti è fuoco bruciante:ma privo del fuoco tuo ho visto solo
Abù Lahab!
Alla finestra del cuore spesso ho accostato
l’orecchio dell’anima,molte parole ho sentito,
ma non ho sentito le labbra.
D’improvviso effondesti il favore tuo
sipra questo tuo servo,ed io non ne vedo ragione
se non la tua grazia infinita.
O eletto coppiere,o gioia degli occhi miei,
a te simigliante nessuno apparve fra gli Arabi,
nè fra i Persiani l’ho visto!
Versami tanto vino ch’io scenda giù da me stesso
perchè nell’io,nell’essere,non ho trovato che pena.
O tu che sei zucchero e latte,o tu che sei
Sole e Luna,o tu che sei madre,sei padre,
non ho parenti che Te!
O indistruttibile amore,o menestrello divino,
sei tu appoggio,sei tu riparo,
non trovo nome a te pari!
Siamo frammenti d’acciaio e
l’amor tuo è calamita,
sei origine d’ogni attrazione,
chè in me attrazione non vedo!
Silenzio, fratello, abbandona scienza e finezza;
finchè tu non parlasti finezza alcuna non vidi!

 

Il Sole

Poi che son servo del Sole;
notte non sono,nè adoratore delle notti,non parlerò di sogni.
Come messaggero del Sole e suo interprete,segreti messaggi
prenderò da lui e
vi porterò la risposta.
E poi che vado come sole,
brillerò su rovinati deserti,
fuggirò dai luoghi abitati,
parlerò deserte parole.
Assomiglio alla vetta d’un  albero
lontano dalla radice:
pur ristretto in secca corteccia,
parlerò di succoso midollo.
Se pur son mela secca
son più alto d’un albero;
anche se ebbro e sconvolto,
dico parole veraci!
Da quando il mio cuore ha
sentito il profumo della polvere
della sua soglia,
ho vergogna anche della
polvere sua,
non parlo che d’acqua purissima!
Togliti il velo dal volto,
chè il volto hai glorioso!
Non permettere ch’io debba
parlarti come sotto ad un velo!
Se hai il cuore di pietra,
io son pieno di fuoco qual ferro;
se assumi trasparenza di cristallo,
io parlo di calice e vino!
Poi che nato sono dal Sole
come il Re Qobàd antico,
non sorgerò nella notte,
non parlerò di chiaro di luna.

Gialal-ad-din-Rumi

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