Ashtavakra Samhita

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L’Ashtavakra Samhita, o Ashtavakra Gita, è un testo classico dell’Advaita Vedanta, che espone l’immediata esperienza della consapevolezza spirituale.   La formula del testo è quella del dialogo d’istruzione, tra il giovane saggio Ashtavakra e il suo discepolo Janaka. Ashtavakra parla con grande semplicità, senza usare concetti astratti, direttamente di Sé, e la sua immediatezza risulta sconvolgente a tratti, irriverente, senza appigli. Non è ragione distruttiva, la sua, ma la limpida consapevolezza di un’esperienza vissuta, che ha sciolto ogni legame e ogni attaccamento con le cose del mondo, del merito, della conquista, del futuro. E’ perciò una ascesi, la più alta ascesi concepibile, quella della mente e del cuore, che sceglie e realizza la povertà radicale e quindi la Conoscenza perfetta della realtà. L’amore di Conoscenza guida sempre i passi del ricercatore, è più forte e reale dei sentimenti di piacere e di dolore, di qualunque ipotesi di vita beata, di qualunque altro ottenimento. Questa inclinazione della coscienza lo guida e lo libera di tutto, anche di ciò che ha imparato, restituendogli la piena libertà di essere e di comprendere. La semplicità e l’irriverenza gioiosa del testo sono felici in ciascuna affermazione e corrispondenti all’esperienza di ciascuno. Talvolta si è detto che un tale testo deve essere rivelato “alla fine”, solo al ricercatore più esperto. Eppure, nel momento in cui leggiamo queste parole, a prescindere dallo stato spirituale in cui ci troviamo, riconosciamo che sono intrinsecamente vere e liberatorie e, proprio per questo, la volontà del ricercatore di proseguire il proprio cammino non può uscirne che rafforzata e mondata delle scorie dell’intellettualismo e della delusione. Ashtavakra riesce a restituire la forza della verità, quella vissuta e sperimentata autonomamente, in piena libertà di spirito, la sola capace di restituirci noi stessi. I passaggi che spiegano la scoperta vivissima della coscienza più pura e più isolata che da sola illumina ogni cosa, il mondo, le idee, “dal Brahman fino all’erba nei campi”, sono da meditare, uno ad uno, come prove profonde e rischiose, le vere conquiste della sadhana spirituale. prj30_front Ashtavakra e Janaka sembrano parlare come due pazzi, e ad una pazzia paragonano la loro sapienza perchè dettata solo dalla libertà, senza alcuna altra costrizione mentale, nessun progetto ulteriore; e questa pazzia, che all’inizio risuona perlomeno irreligiosa, infine è piena di umiltà, di chiarezza interiore, di pace verso ogni cosa e di realizzazione esistenziale e spirituale. Non può essere distante da nessuno, né in disaccordo con nessuno chi abbia compreso e raccontato il valore della libertà spirituale e della verità. Nel I capitolo : Janaka disse: Come si può acquisire la Conoscenza? Come conquistare la Liberazione? E come raggiungere il distacco? Dimmi questo, Signore. Ashtavakra rispose: Se stai cercando la Liberazione, mio prediletto, rifiuta gli oggetti dei sensi come veleno. Dissetati con il nettare della tolleranza, con la sincerità, la compassione, la contentezza, la verità. Tu non se né la terra, né l’acqua, né il fuoco, né l’aria, né l’etere. Per [conquistare] la Liberazione conosci te stesso come sostanziale consapevolezza, il testimone delle cinque sostanze. Solo se resterai stabilmente nella consapevolezza, vedendoti ben distinto dal corpo, fin da subito diventerai felice, pacificato e libero da tutti i legami. Tu non appartieni ai bramini, ai guerrieri o a qualsiasi altra casta, tu non sei in alcuno stadio di vita, non sei nulla di ciò che i tuoi occhi possono vedere. Sei privo di attaccamento e di forma, il testimone di tutto – [dunque] sii beato, ora. Giusto e ingiusto, piacere e dolore appartengono soltanto alla mente e non ti riguardano. Tu non sei l’agente o il fruitore delle conseguenze [dell’agire]; tu sei sempre libero. Tu sei l’unico testimone di tutto, completamente libero. La causa della sofferenza è nel ritenere il testimone qualcosa di diverso da questo. Finché sei stato ingannato dal nero serpente dell’opinione di te stesso, hai creduto stoltamente: “io sono colui che agisce”; ora dissetati col nettare dell’evidenza: “io non sono colui che agisce”, e sii felice ora. Brucia la foresta dell’illusione con il fuoco della comprensione. Conosci: “io sono Pura Consapevolezza” e sii felice delle ceneri, libero dall’angoscia. Poiché tutto ciò che si vede non è diverso da un serpente immaginato dove c’è solo una corda; ma tu sei quella gioia, la suprema conoscenza e consapevolezza; ora, sii felice. Se qualcuno crede di essere libero, è libero; se crede di essere legato, è legato. Perciò è vero il detto: “Si diventa ciò che si pensa”. La tua vera natura è perfettamente unitaria, libera, consapevolezza senza azione; il testimone di ogni cosa – senza attaccamento, senza desideri, in pace. E’ solo l’illusione che ti mostra coinvolto in altre condizioni. Medita te stesso come consapevolezza immobile, libera da ogni dualismo, abbandona l’idea erronea di essere solo una coscienza limitata; qualunque oggetto interno o esterno è falso. Sei stato a lungo ingannato dall’identificazione con il corpo. Distingui con la lama della conoscenza: “io sono consapevolezza”, e sii felice, mio caro. Tu sei già realmente libero e non agente, auto-illuminato e senza macchia. La causa del tuo sentirti legato è che ancora perseveri nel fermare la mente. Tutto questo è sostanziato di te e prolungato da te, poiché tu sei fatto di pura consapevolezza – dunque non essere meschino. Tu sei incondizionato e immutabile, senza forma e senza movimento, insondabile consapevolezza, imperturbabile – dunque ritieniti null’altro che consapevolezza. Riconosci che l’apparenza è irreale [effimera], mentre l’immanifesto è permanente. Con questa sola iniziazione alla verità, eviterai di cadere di nuovo nell’illusione. Come uno specchio esiste separatamente dall’immagine che riflette, così il Supremo esiste insieme e separatamente a questo corpo. Così come lo stesso spazio [=aria, etere] esiste all’interno e all’esterno di una giara, così l’eterno, immutabile Essere esiste nella totalità dell’esistente.

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