La silenziosa rivoluzione di Bodhidharma

La teoria ‘delle due realtà’ e dell’interdipendenza causale

Il primo importante insegnamento del Buddha è che, nonostante i sensi ci suggeriscano il contrario, la realtà è solo vacuità (sunyata): non sostenuta da alcun nucleo essenziale, in essa non è rintracciabile alcunché di eterno, immutabile e autonomo. Anche all’anima (o all’idea del Sé) viene negato il caratteredi entità indipendente ed eterna. Il reale quindi non è altro che un divenire relazionale, un complesso di combinazioni mutevoli: in flusso costante, esso è il risultato sempre temporaneo di una rete di interdipendenze causali.

Il karma e la dottrina dell’‘insorgenza per nesso causale’

La negazione di una realtà eterna e immutabile all’anima (o al Sé) come nucleo essenziale dell’individuo psicofisico (namarupa) non impedì al Buddha di sostenere l’idea di una remunerazione karmica.La teoria del karma non va intesa come una sorta di legge morale basata su uno schema di premi e punizioni, quanto come la risultanza logica della convinzione che ogni azione genera delle conseguenze (concezione che prende il nome di pratityasamutpada, ‘produzione condizionata’), da cui deriva la negazione di una differenza sostanziale tra agente e azione.Il Sé (anch’esso aggregato in divenire relazionale) sopravvive alla trasformazione degli elementi ‘visibili’dell’individuo psicofisico (ossia alla morte del corpo) a causa degli impulsi di volontà espressi durante la vita precedente. Quando è la sete di esistenza a muovere le azioni dell’individuo, queste ultime si trasformano da conseguenze in cause, provocando lo spargimento dei semi karmici da cui germoglieranno (necessariamente) le vite e le ‘sofferenze’ future.

Le Quattro Nobili Verità

L’insegnamento delle Quattro Nobili Verità, espresso per la prima volta dal Buddha nel celebre discorsodi Benares, può essere esemplificato da una metafora medica che, per la sua concretezza, si presta bene a interpretare un insegnamento basato sull’osservazione e l’esperienza.

● La Prima Nobile Verità: una diagnosi della condizione esistenziale.La condizione degli esseri senzienti è caratterizzata da sofferenza: nessuno può negare che essa permei la nascita e la morte, la malattia e la vecchiaia. Il Buddha ci dice però che anche i momenti sereni, felici, in cui ci sentiamo appagati e completi per aver ottenuto ciò che desideravamo, sono fonte di sofferenza. Anch’essi infatti sono caratterizzati da impermanenza e quindi destinati a mutare, spingendoci a lottare nuovamente per ottenerli e di conseguenza, attraverso le nostre azioni volitive, a creare nuovo karma, nuove rinascite e nuova sofferenza.

● La Seconda Nobile Verità: un’eziologia del dolore.Il Buddhismo è stato giustamente definito come un umanismo spirituale, poiché l’uomo costituisce il centro del suo messaggio di salvezza. Anche la causa della sofferenza non va quindi ricercata inqualcosa di trascendente, assoluto o inconoscibile. Essa risiede nell’uomo stesso e nella sua cieca eaffannosa brama di felicità, la quale è destinata in partenza al fallimento in quanto basata sull’ignoranza(avidya) dell’impermanenza del reale.

● La Terza Nobile Verità: una prognosi positiva.È possibile porre fine alla sofferenza qui e ora. In questa vita, con questo corpo, l’uomo può liberarsi dalla schiavitù della rinascita.

● La Quarta Nobile Verità: una terapia pratica.

L’emancipazione dalla sofferenza è ottenibile percorrendo una ‘via di mezzo’ che, senza cadere né da un lato né dall’altro, si mantenga ugualmente lontana dai condizionamenti del karma, i quali permeano tutto ciò che ci circonda e persino i nostri stessi processi mentali. Questa via pratica, che prende il nome di ‘Ottuplice Sentiero’, è costituita da tecniche volte a purificare e decondizionare le azioni dell’individuo psicofisico attraverso una progressione circolare di comprensione e meditazione. Ancora una volta, la concretezza del messaggio è palese: la parola d’ordine è ‘esperire’.

Le principali correnti del BuddhismoIl messaggio di salvezza contenuto nelle Quattro Nobili Verità rappresenta il seme comune da cui sono sorte le due principali correnti del Buddhismo: Theravada e Mahayana.

● Theravada. Storicamente parlando è la più antica tra le scuole buddhiste esistenti. Sua caratteristica precipua è il rifiuto di qualunque innovazione di tipo teorico, rifiuto che, nella visione dei suoi apologeti, ne fa l’erede diretto degli insegnamenti del Buddha. Il Theravada si basa su un nucleo ristretto di testi in lingua pali e pone al centro del proprio messaggio di salvezza la figura dell’arhat, ‘colui che pratica la Via per sé’.

● Mahayana. In reazione all’impostazione del Theravada, giudicata troppo ‘conservatrice’, intorno al II secolo a.C. comincia a delinearsi una nuova corrente, conosciuta come Mahayana o Grande Veicolo. Essa pone l’accento sulla ‘natura del Buddha’ e sulla potenzialità di tutti gli esseri viventi di raggiungere la buddhità, aggiungendo quindi una connotazione universalista al messaggio originario. Il Mahayana propone un nuovo modello di compassione incarnato dal bodhisattva, colui che, pur avendo ottenuto l’illuminazione, decide di posporre il nirvana e di restare nel ciclo del samsara per guidare gli altri esserisul sentiero della liberazione.Egli dichiara: «Innumerevoli sono gli esseri e io faccio voto di salvarli tutti». Il Mahayana, inoltre, riconosce come appartenenti al canone un numero molto più vasto di testi, redatti in epoche differenti.La corrente Theravada si diffonderà in Asia meridionale (Sri-Lanka, Birmania, Cambogia, Thailandia, Laos), mentre il Grande Veicolo conoscerà un’espansione senza precedenti in Asia orientale, in Cina, inTibet e, successivamente, in Corea, Vietnam e Giappone.”

Tratto da “Bodhidharma” A.Morelli

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