Gli Yoga Sutra di Patanjali rappresentano il testo base sullo Yoga. Essi risalgono ad un periodo compreso tra il 200 a.C. e il 200 d.C. e costituiscono lo Yoga Integrale, anche definito Ashtanga Yoga (lo yoga degli otto passi: yama, niyama, asana, pranayama, pratyahara, dharana, dhyana e samadhi) o Raja Yoga (lo yoga regale, lo yoga superiore meditativo che corrisponde agli ultimi 4 gradini e postula i 4 gradini precedenti dell’Hatha Yoga).
Si compongono di 195 aforismi (sutra) divisi in 4 capitoli (pada):
Samadhi (Coscienza cosmica)
Sadhana (Pratica spirituale)
Vibhuti (Poteri soprannaturali)
Kaivalya (Liberazione).
Il Samadhi Pada espone l’essenza dello Yoga nell’aforisma “Yoga Citta vritti nirodha”che significa “lo Yoga è la neutralizzazione delle fluttuazioni della mente” (Raja Yoga). Quindi classifica le diverse onde-pensiero (vritti) con cui l’uomo è portato ad identificarsi, propone le due vie della pratica devozionale e del non attaccamento per controllare le onde-pensiero, elenca le distrazioni mentali che ostacolano questo controllo, introduce il concetto del Dio personale Isvara il cui nome risiede nell’AUM e descrive i vari livelli di estasi interiore (samadhi) che ogni uomo può raggiungere attraverso la concentrazione mentale e la meditazione.
Il Sadhana Pada getta le basi dello Yoga pratico dell’azione (Kriya Yoga) nell’autodisciplina, studio del Sé e devozione a Dio, elenca gli ostacoli (klesa) all’illuminazione che sono fonti di sofferenza includendovi anche le impressioni sottili (samskara) e le tendenze latenti (karma), vede nell’ignoranza (avidya) cioè nell’identificazione dell’uomo con gli oggetti esterni la fonte di tutti gli ostacoli e nella discriminazione (viveka) il superamento dell’ignoranza. Quindi propone per la realizzazione del Sé lo yoga degli otto passi (Ashtanga) con i primi 5 gradini che curano gli aspetti esteriori dello Yoga (bahiranga): yama e nyama riguardano le norme di comportamento esteriore e gli atteggiamenti interiori, sono i divieti e le osservanze (non violenza-ahimsa, satya-verità, brahmacharya-controllo dell’energia sessuale, asteya-astenersi dal rubare, aparigraha-non attaccamento; santosha-appagamento, shaucha-purezza, svadiyaya-studio del sé, tapas-autodisciplina, Isvara pranidhana-resa al divino); asana indica più che le posizioni yoga descritte nei testi classici dell’hatha yoga la postura o la capacità di sedersi “fermi e comodi”per poter meditare; pranayama più che gli esercizi di respirazione dell’hatha yoga indica le tecniche in generale di controllo del prana (energia vitale) per dirigere l’energia interiormente e in alto verso il cervello, impedendone la dispersione nei sensi esteriori; pratyahara è l’interiorizzazione o il ritiro della mente dagli oggetti sensoriali esterni per convogliare l’energia nei centri superiori del cervello.
Il Vibhuti Pada completa l’esposizione degli otto passi (Ashtanga) con gli ultimi tre gradini che curano gli aspetti interiori dello yoga (antaranga) che, operando insieme, sono anche definiti samyama: dharana è la concentrazione mentale su un oggetto, dhyana è la vera meditazione dove il soggetto rimane assorbito nell’oggetto, samadhi è la dissoluzione dell’ego e il riconoscimento dell’uomo nell’identità universale. Quindi elenca i poteri soprannaturali (siddhi o vibhuti) cui la pratica del samyana naturalmente conduce.
Il Kaivalya Pada descrive la natura del desiderio e ribadisce la pratica della discriminazione (viveka) per raggiungere lo stato ultimo della liberazione (kaivalya).
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