Aforismi Vedici

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Considerando ciascuna di queste teorie, la conclusione più corretta è che Brahman è la Causa Prima. Naturalmente, la più alta verità a noi accessibile non è il Brahman senza attributi, senza qualità, inafferrabile, inesplicabile, bensì il Saguna Brahman, cioè il Brahman conoscibile attraverso appunto quelle qualità che si è imposto. L’Universo, composto di coscienza e non-coscienza, è il corpo che ha assunto.

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L’individuo dev’essere dotato di coscienza (chaitanya), di modo che possa scegliere se compiere od omettere, se agire o desistere da azioni che egli sente di dover compiere. Il decidere ciò che deve essere fatto ora o procrastinato, quanto sarà il raccolto del prossimo anno,… tutti questi pensieri, piani e progetti sorgono solo là dove vi è un campo di coscienza e non in un pezzo di legno o in una pietra, in una montagna o in una valle, che sono privi di coscienza. La volontà è segno di coscienza; laddove tale coscienza non esiste, non esiste nemmeno la volontà.

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Ciò che è mobile (chara) e ciò che è immobile (achara) in apparenza, l’attivo e l’inerte, sono ambedue concepiti dalla Volontà divina (daiva sankalpa). Tale atto di volontà dipende dalla coscienza, è un atto cosciente (cetana). Non si tratta, quindi, di una forma di inerzia (acetana). Questa è la verità rivelata dal sutra “Ikshater na shabdam”. Quantunque da alcuni siano state avanzate ipotesi e contro-ipotesi, la verità che nel Volere Divino è radicata ogni cosa rimane incrollabile. Tali persone vivono ancora nell’illusione delle apparenze, oppure stanno solo confortando delle teorie infarcite di fantasie a loro care, per evitare una ricerca più profonda.

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Tutti hanno diritto alla Conoscenza di Dio ed ogni uomo, nella sua quotidiana ricerca, attraversa quattro stadi. Secondo i Veda, questi quattro stadi sono lo stato di veglia, lo stato di sogno, lo stato si sonno profondo ed il cosiddetto “Quarto”, o turiya. Sono definiti stadi, oppure anche fasi. Nel primo stadio si è svegli solo in relazione al mondo oggettivo e si tende all’estroversione. Qui le cose dell’Universo sono percepite con l’occhio fisico; i vari suoni sono uditi con l’orecchio, i sensi hanno la funzione di odorare e gustare. Si tratta di una vita interamente vissuta a contatto con la società.

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Cinque sono gli organi sensoriali di percezione, cinque gli organi di azione, cinque i prana o punti di energia vitale. Ci sono, poi, quattro strumenti interni, che sono: 1) la mente; 2) l’intelletto (buddhi) o la facoltà di discriminazione; 3) il livello di coscienza; 4) il senso dell’io. Questi diciannove mezzi di contatto e di impatto, provocano all’uomo nella fase di veglia l’esperienza del dolore e della gioia, del guadagno e della perdita, del successo e del fallimento, secondo le forme più grossolane. Dal momento che l’individuo a quel livello è ancora identificato col corpo fisico-denso, anche le sue esperienze saranno percepite al livello di densità che gli corrisponde.

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Diverso è il campo del sogno; là l’”io” è rivolto verso l’interno (antarmukha). Le reazioni, le risposte e le esperienze sono tutte contenute e non fanno parte di un campo che esuli dal proprio sé. In una stanza ci possono essere dieci persone che dormono, ma ciascuna avrà la propria esperienza di sogno. L’esperienza soggettiva del sogno di uno non ha alcuna relazione con quella di un altro; ognuno potrà essere infastidito o deliziato solo dal proprio sogno. Il sognatore non è toccato da ciò che lo circonda; infatti, il mondo circostante è al di là della sua coscienza. Durante lo stato di sogno la persona crea un mondo al di fuori della propria mente e sperimenta i fatti che gli succedono in quel contesto. Sebbene gli oggetti che vede siano immaginari, i sentimenti e le emozioni come gioia e dolore, amore o paura sono tanto reali quanto nella vita d’ogni giorno. I diciannove strumenti di contatto e impatto sono presenti anche nel sogno e, pur non agendo materialmente o fisicamente, essi operano solo attraverso la mente, poiché essa possiede una luminosità in grado di produrre degli scenari. Ecco perché la mente è designata col nome taijasa (che deriva da tejas, fuoco). Il fuoco mette in condizione una persona di formulare o stabilire i contorni di qualsiasi forma, suono, gusto, ecc. Lo stato di sogno è il secondo passo o stadio per ciò che concerne l’acquisizione, da parte dell’io, della propria consapevolezza.

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Abbiamo, poi, il sonno profondo, o sushupti; questo stato è esente perfino da sogni. Si rimane assorti in un sonno indisturbato. Il soggetto non ha più coscienza delle sue membra, dei rumori o suoni, degli odori, delle forme, dei sapori, delle sensazioni tattili. Ogni attività trova una sua collocazione nella mente, ove giace latente ed ogni esperienza mentale viene assorbita in un più alto livello di coscienza, che è quello della Consapevolezza Divina (Prajnana). Non esiste più alcun senso di separazione o di identità tra particolare e universale, tra la parte e il tutto. Non c’è il soggetto dell’esperienza, né l’esperienza stessa. C’è solo l’Atma con cui chi sogna si è temporaneamente unito.

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Poi viene il quarto stadio: il turiya. A questo punto l’individuo, il vyakti non è più tale; ha raggiunto la Verità fondamentale della vita e della creazione: l’Atma onnipervadente, che tutto comprende, la pace e la potenza del solo ed unico Impero Atmico. Coloro che hanno raggiunto questo stadio non saranno più coinvolti nell’io soggettivo e, osservandoli, non si può affermare che costoro abbiano la conoscenza, ma nemmeno che non la possiedano. Essi sono costantemente immersi nella più alta beatitudine.

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L’Atma in cui queste persone sono immerse non può essere visto da occhio umano; non è possibile nemmeno prenderlo con le mani. Si può solo sapere che esiste e che è uno stato divino. Nient’altro. Ogni pressione che spinga l’uomo verso il mondo materiale va eliminata ancor prima che la fede nel Sé si radichi in lui.

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I quattro passi della conoscenza del Sé sono del tutto analoghi alle quattro fasi nella recita dell’OM. L’AUM e l’ultimo mantra, trovano corrispondenza negli stati di veglia, sogno, sonno profondo e nello stato di unione, di cui abbiamo già parlato. L’Atma è visibile nella mente; nello stato di sonno profondo riposa nel cuore; nel quarto stato è totalmente Sé.

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Riassumendo, si può affermare con sicurezza che in ogni fase della vita quotidiana, in ogni situazione o circostanza, in ogni azione o esperienza, l’Atma è sempre presente in tutti gli esseri. Tutto è Atma e l’Atma è Tutto. L’Universo si manifesta come Uno dall’Uno. Ciò è quanto rivela questo sutra. Senza la coscienza di questa unità non vi può essere né pace, né gioia. E, senza la gioia e la pace, la verità resta un concetto astratto. E’ necessario, quindi, vedere l’Universo come totalità, pienezza (purna); il Cosmo non è uno spazio vuoto, ma l’Atma stesso.

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Sva significa “in sé stesso”, vale a dire “in Brahman”. Apyayath significa “poiché si immerge”. Le due parole comunicano questo significato: “poiché si dice che l’anima individuale (jivi) si immerge in Brahman”, ciò che le accade durante il sonno profondo non è che un ritorno alla sua reale natura, Sat, l’Essere. Poiché l’io raggiunge il Sé, che è la sua essenza, non esiste più nient’altro che il Sé o Atma, che prima era nascosto dal nome e dalla forma, ed ora, rifiutando ogni idea di nome e forma, si immerge nell’Atma Universale. L’onda si scioglie nell’oceano: “divenuta”, ora è solo “Essere”, Sat.

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L’essenza di tutti i testi e di tutti gli insegnamenti vedantici è questa verità: 1) Brahman è la Causa efficiente e materiale dell’Universo, il jagat, che si contrae (ja) e si espande (ga); 2) Brahman è uno e solo uno, e non vi è null’altro nell’Universo all’infuori di Brahman, nulla che sia privo di coscienza, nulla di inerte e di inattivo (jada). Brahman è, secondo le Scritture (Shruti) ed i testi vedantici, non solo Sat, ma anche Cit, coscienza e consapevolezza.

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Il sonno è oltremodo necessario a tutti gli esseri viventi e, senza di esso, l’uomo, come pure gli altri esseri, non potrebbero vivere. Di tutte le gioie, il sonno è senz’altro la più gratificante; tutti gli altri piaceri sono aridi, vuoti, banali e rovinosi. Durante il sonno, i cinque soffi vitale – prana, apana, vyana, udana, samana -funzionano all’unisono con i cinque fuochi che al corpo conferiscono calore. L’inspirazione e l’espirazione si alternano tranquillamente. Il prana, o soffio vitale, agisce come il fuoco sacro (ahavaniya), il fuoco di rito vedico che perennemente brucia sull’altare di famiglia. Con la stessa continuità esso ci dona l’energia. Vyana può essere paragonata al dakshina agni, la lampada che, secondo il rituale vedico, viene posizionata sul lato sud dell’altare. Udana aiuta la mente a raggiungere il “Paradiso (Brahma-loka) che la persona si è guadagnato in virtù delle sue azioni (karma)”. In altre parole, è il soffio che mette la persona in condizione di saggiare l’esperienza di fusione col Supremo. Per tale ragione, colui che giace addormentato, è felice durante il sonno, è rinvigorito dal sonno e ne trae somma gioia; mentre dorme egli è jivi, la singola anima che incarna l’Atma. Jivi è il Divino racchiuso nel corpo, che ne è il tempio. Jivi, ovvero l’Atma dell’individuo, sperimenta tutto ciò che è visto, udito o contattato dalla mente nel mondo esterno ed anche tutto ciò che non può esser visto, udito o sentito dalla stessa. Oltre a ciò, l’anima dell’individuo può sperimentare e ricostruire sotto forma di sogni esperienze vissute in precedenti vite e ciò dipende dal tipo di attività mentale di ognuno. Qualche volta può succedere che la persona abbandoni di colpo ogni legame col corpo e i sensi, e si immerga perdendosi nel principio primario, il Param-Atma, il Sé Universale. La Beatitudine che colma l’anima di una persona è la peculiarità del Paramatma.

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Nel sonno senza sogni, l’anima individuale entra nel godimento del piano di Anandaloka, la regione della Beatitudine, ivi condotta dallo splendore dell’energia vitale che sale (udana prana). Tale regione è detta anche Brahmaloka, la regione del Divino. Questa è la splendida opportunità che l’uomo acquisisce senza sforzo durante il sonno, l’opportunità di godere della vicinanza del Paramatma, l’Essere Supremo, la Fonte Primaria e la Sostanza dei cinque elementi-base (i cinque bhuta), dei cinque sensi (indriya), e dello strumento interiore della consapevolezza (antahkarana).

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Ma questa esperienza non dura; è solo temporanea. L’uomo che ha acquisito la consapevolezza attraverso la purificazione della mente e l’illuminazione dell’intelletto (buddhi) otterrà l’immutabile Beatitudine della fusione nel Paramatma. Costui solo può diventare onnisciente, poiché risiede costantemente nella regione dell’Indistruttibile (akshaya), assorto nell’Immarcescibile (akshara) Suprema Immensità (Parabrahma), nel Sommo Sé (Paramatma). Allorché sarà perfettamente consapevole che tutto è Lui, che non vi è nulla senza di Lui o fuori di Lui, allora diventerà il Tutto o Brahman.

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Durante il sonno profondo, l’anima personale risiede nello stato di inerzia, nel tamoguna; ma, per il realizzato, anche i sogni sono fonte di beatitudine, allo stesso modo in cui lo è lo stato di coscienza di quando è sveglio; anche nello stato di veglia, questa persona riesce ad essere immune dall’urto di tutto il bagaglio sensi-corpo-ragione ed è saturo della gioia della sua autentica Realtà. In tal caso, la coscienza individuale si fonde con la Coscienza Universale e ha come logica conseguenza la fusione in quel Paramatma, Il Supremo Chaitanya, la Somma Coscienza. Dunque, questo sutra ci mette in evidenza la verità e cioè che Sat, ossia l’Essere (che è in “divenire” e che “comprende in uno” il tutto del Creato), riguarda solo il Para-Brahman, la Coscienza Suprema e nessun’altra entità che da Essa derivi o dipenda.

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